Laboratorio Orafo Taddei

Le 4 C

Le 4c del diamante: una conoscenza cristallina

Chi non è davvero esperto può fare un pò di confusione tra diamante e brillante.

Il primo è la pietra grezza; il secondo è la pietra tagliata e lavorata seguendo i criteri di un particolare tipo di taglio detto “brillante” che restituisce la massima luminosità alla pietra stessa.

Il diamante lavorato viene sottoposto ad una accurata analisi gemmologica, in seguito alla quale gli viene assegnata un’ esatta qualificazione da cui deriva un determinato valore commerciale.

Il valore di un diamante si definisce in base a quattro parametri di classificazione, ossia le famose 4 C dalle iniziali dei termini in lingua inglese:

Carat (Peso)

Il peso dei diamanti è espresso in carati (1 carato = 0,20 grammi). Il carato si suddivide a sua volta in centesimi denominati “punti”.

Clarity (Purezza)

Il reticolo cristallino del diamante spesso presenta delle interruzioni che possono dipendere da inclusioni cristalline, cavità, fessure, piani di geminazione, righe di struttura, sfaldature e tensioni interne.

Si considerano diamanti puri quei diamanti tagliati che, osservati con una lente a 10 ingrandimenti, non presentano alcuna inclusione.

In Germania e in Italia con il termine purezza si intende la perfezione interna, mentre negli USA ed in Scandinavia si tengono in considerazione anche le caratteristiche esterne.

In Europa e Stati Uniti la purezza di un diamante viene misurata adottando la seguente scala (denominata GIA):

  • IF o LC (internally flawless o loup clean) = puro alla lente, esente da caratteristiche interne a 10x.
  • VVS 1VVS 2 (very very small) = inclusioni estremamente difficili da rilevare con una lente a 10x.
  • VS1VS2 (very small) = lievissime inclusioni difficili da rilevare con una lente a 10x.
  • SI1SI2 (small inclusions) = piccole inclusioni facili da rilevare con una lente a 10x.
  • P1 (I1) (I Piquè) = inclusioni visibili immediatamente con una lente a 10x e difficili da rilevare ad occhio nudo attraverso la corona.
  • P2 (I2) (II Piquè) = inclusioni grandi e numerose, facilmente visibili a occhio nudo attraverso la corona.
  • P3 (I3) (III Piquè) = inclusioni grandi e numerose, molto facilmente visibili a occhio nudo attraverso la corona. Riduzione sensibile della brillantezza del diamante.

Colour (Colore)

Il Nord America è stato pioniere nella definizione dei colori dei diamanti, probabilmente a causa dell’elevata quota di importazione di diamanti per ornamento, pari a oltre il 50% della produzione mondiale.

Nella serie da incolore a giallo i gradi di colore sono definiti anche dal riferimento ai luoghi di provenienza dei diamanti.

Sono infatti i nomi delle antiche miniere di diamanti o dei giacimenti alluvionali dai cui si è tramandato il termine “river” per i diamanti provenienti da fiumi e con cui si intendevano pietre che generalmente presentavano un colore migliore dei diamanti provenienti dai camini o “pipes“.

A queste definizioni sono state poi aggiunte definizioni univoche del colore del diamante:

  1. RIVER: (bianco-azzurro)
  2. TOP WESSELTON: (bianco ottimo)
  3. WESSELTON: (bianco)
  4. TOP CRYSTAL: (bianco lievemente tinto)
  5. CRYSTAL: (bianco tinto)
  6. TOP CAPE: (lievemente giallognolo)
  7. CAPE: (giallognolo)
  8. LIGHT YELLOW: (giallo chiaro)
  9. YELLOW: (giallo)

È doveroso un approfondimento circa la natura delle sostanze coloranti del diamante, o meglio la causa del colore, sulla quale non è possibile affermare nulla di certo.

Si ritiene che le varie colorazioni siano date dalla presenza di atomi di ferro, titanio, samario e cromo ma non si esclude che esse siano di origine radioattiva.

In alcuni diamanti naturali colorati analizzati in laboratorio per mezzo di spettrografi di alta sensibilità è stata riscontrata la presenza di circa 14 elementi differenti.

A livello teorico il colore è da considerare un grave difetto con una notevole penalizzazione del valore della pietra ma, quando esso è marcato e caratterizzante, esclude la stessa dalle normali categorie di colore e la inserisce nella classificazione dei cosiddetti diamanti “fancy“, ricercatissimi e, di conseguenza, di alto valore.

Cut (Taglio)

Il taglio più utilizzato è quello rotondo “brillante” o Amsterdam: 58 faccette, o meglio 57+1, considerando 1 la levigatura della punta del cono inferiore, denominato Culet.

Questo taglio è quello che meglio fa risaltare fenomeni della rifrazione e riflessione della luce nel diamante ed è quindi il più apprezzato ed accettato.

La forma e la perfezione del taglio assumono un’importanza assoluta nella determinazione del valore di una gemma.

Esistono precise proporzioni fra le dimensioni delle varie componenti (tavola, corona, padiglione, cintura) che devono essere rispettate per ottenere il massimo risultato.

La classificazione del taglio ha quattro parametri:

  1. VERY GOOD: taglio ottimo, senza alcuna deroga alle tolleranze prescritte.
  2. GOOD: buono, con lievi deviazioni alle tolleranze prescritte (inferiori al 5%).
  3. MEDIUM: medio, con notevoli deviazioni alle tolleranze prescritte (inferiori al 10%).
  4. POOR: scarso, con gravi deviazioni alle tolleranze prescritte (superiori al 10%).

Se un diamante presenta un taglio ideale, i raggi luminosi provenienti da tutte le direzioni vengono deviati verso il centro della pietra e riflessi attraverso la parte superiore con uno sfavillio di luce.

Se un diamante non presenta il taglio ideale (ideal cut), la luce andrà a “perdersi” lateralmente (taglio troppo alto) o sul fondo della pietra (taglio troppo basso).

Oltre le 4 C – le altre caratteristiche dei diamanti

Abbiamo visto le 4C (carato, colore, purezza e taglio) che rappresentano i fattori base per classificare e valutare una gemma.

Ma quando si sceglie una pietra preziosa per un investimento, occorre analizzare più a fondo non solo le classiche 4C ma anche le altre caratteristiche del diamante.

Le tre principali sono:

  1. Simmetria: (simmetry)
  2. Finitura o lucidatura: (polish)
  3. Fluorescenza: (fluorescence)

Vediamole in dettaglio:

Simmetria

Con la simmetria del diamante si valuta l’uniformità complessiva del taglio di una pietra, che può variare da mediocre a ottima.

Una simmetria mediocre inciderà sullo scintillio e sul fuoco di un diamante a causa della ridotta luce che attraversa la pietra.

Nelle immagini i diamanti sono sempre rappresentati perfettamente simmetrici. Ma nel mondo reale pochi lo sono. In particolare la pietra può presentare difetti quali:

  1. la tavola non è perfettamente ottagonale
  2. la corona ed il padiglione non sono perfettamente allineati
  3. la tavola è fuori centro
  4. l’apice è fuori centro
  5. la cintura non è rotondeggiante
  6. il piano della tavola non è parallelo a quello della cintura
  7. un contorno irregolare delle faccette
  8. la presenza di faccette naturali e supplementari

Ogni difetto può’ manifestarsi in maniera da lieve ad accentuata.

La maggioranza dei laboratori giudica la simmetria della pietra su una scala che comprende i valori: Excellent (o Ideal), Very Good, Good, Fair, Poor (Eccellente o Ideale, Molto Buono, Buono, Medio, Mediocre).

Ci sono alcune e importanti differenze di valutazioni fra i laboratori che è opportuno conoscere.

E soprattutto ricorda che un diamante con simmetria eccellente non implica che sia ben proporzionato.

Finitura

Il termine Polish in italiano è tradotto in lucidatura, finitura, lucentezza o anche politura. Ma spesso nel settore si utilizza finitura o pulizia del taglio.

La lucidatura è valutata nei certificati con la stessa scala della simmetria, da Excellent a Poor. AGS aggiunge la categoria Ideal sopra tutte.

Il processo di lucidatura può arrecare dei danni alla pietra: spigoli abrasi, cintura piumata, segni di politura, sbeccature, graffi, segni di bruciatura. Ovviamente poi questi difetti possono assumere proporzioni più o meno rilevanti.

Una scarsa finitura del diamante può ridurre l’intensità della luce riflessa e refratta.

Un grado di politura buona (good) o inferiore può lasciare l’impressione che la pietra necessiti di essere pulita.

Lucidatura standard o mediocri influiranno sull’aspetto visivo del diamante.

Su un diamante di bassa purezza (SI o VS) la lucidatura influisce meno. Ma su diamanti di purezza superiore, soprattutto Flawless o IF, occorre puntare su lucidature Ideal o Excellent.

Fluorescenza

La fluorescenza è data dalla reazione del diamante ai raggi ultravioletti (UV).

Alcuni diamanti possono brillare in colori differenti sotto raggi UV.

La fluorescenza è temporanea, inizia e termina cioè all’esposizione ai raggi UV.

In base all’intensità della luce rimessa vengono determinati per mezzo di pietre paragone quattro gradi di fluorescenza:

  1. Nulla: (Nil/None)
  2. Debole: (Slight/Faint)
  3. Media: (Medium)
  4. Forte: (Strong)

Circa un terzo dei diamanti presenta fluorescenze. La più frequente è di colorazione bluastra.

Essendo il blu un colore complementare al giallo (la colorazione tipica dei diamanti) la presenza di fluorescenza blu può far apparire un diamante più bianco.

Oltre al blu la fluorescenza può acquisire altri colori come giallo o arancio. Al contrario della fluorescenza blu, queste peggiorano l’apparenza di colore del diamante.

Meglio evitarli, a meno che si tratti di diamanti fantasia (fancy).

Nonostante si discuta se la fluorescenza sia un bene o un male (e non ci sia ancora una risposta univoca), questa caratteristica incide negativamente sul prezzo del diamante.

Per approfondimento sui diamanti, vi consigliamo di visitare il sito